RISPOSTE AI QUESITI INOLTRATI IL 1/4/2017 DOPO LA GIORNATA DI STUDIO SULLA GESTIONE DELLE ASD E SSD ORGANIZZATA DA CSEN PRATO – a Cura del Commercialista Rag. Simone Boschi
D. problematiche riguardanti i soci / tesserati minorenni in una a.s.d.
R. In linea generale, ai minori di età non è vietato essere ammessi come soci né venir tesserati, salvo che lo statuto disponga diversamente; il caso più ricorrente prevede che un minore sia tesserato come atleta ma non sia previsto che debba anche associarsi.
Non è tuttavia vietato ammettere soci minorenni: la domanda verrà firmata da chi esercita la patria potestà poiché il rapporto associativo è un contratto che, in quanto tale, viene sottoscritto (e quindi accettato) da chi ha la capacità giuridica di agire, di cui è privo il minorenne.
Dunque, chi conclude il contratto in nome e per conto del minorenne fa sì che questi possa diventare associato e possa partecipare a pieno titolo all’attività prevista dallo statuto.
Per lo stesso motivo è escludibile che un minore possa essere eletto alle cariche sociali in quanto tale ruolo può comportare il compimento di atti giuridici, che ovviamente spettano solo a chi abbia la capacità giuridica di agire.
Lo statuto può limitare il diritto di voto ai soli soci maggiorenni: se non vi è questa previsione, il buon senso e la consuetudine indurrebbero ad evitare che un minore possa votare in quanto l’espressione di voto dovrebbe essere manifestata in rappresentanza dal genitore, ma se questi non è a sua volta socio non ha titolo per intervenire ed esprimersi durante l’assemblea.
Può dunque accadere che un’associazione con un elevato numero di soci-atleti minorenni si trovi poi in assemblea con pochissime persone titolate a partecipare in quanto maggiorenni: questo caso è stato affrontato anche da una recente Cassazione che lo ha consentito.
Ciò non deve tuttavia ingannare: il socio minore ha diritto ad essere convocato e a partecipare all’assemblea, quindi se l’Associazione ha associati minorenni è consigliabile che li convochi, salvo quanto detto per il voto e per l’elettorato attivo e passivo.
Se lo statuto non prevede che i genitori debbano associarsi, è possibile consentire loro di accompagnare i figli minorenni e di sostare nei locali dell’associazione, in appositi spazi loro destinati, ma non di fruire dei servizi che il club mette a disposizione degli associati.
Per approfondire la tematica è possibile fissare un appuntamento con il Rag. Simone Boschi, presso lo Studio di Firenze – Viale dei Mille 73 o presso lo Studio di Prato – Via G. Valentini 7. Numero telefonico unico: 055 573040 email: info@studioragboschi.com
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D. E’ vero che lo Yoga, dopo le recenti delibere CONI, non è più una disciplina riconosciuta ai fini sportivi e la sua pratica non consente più di fruire delle agevolazioni vigenti?
R. Con una circolare di dicembre 2016 emanata dall’Ispettorato Nazionale del Lavoro e due delibere (dicembre 2016 e febbraio 2017) del CONI, si è di fatto escluso lo Yoga dalle attività riconosciute dal CONI.
Si è al momento in un periodo transitorio che dura fino a fine 2017 e comunque fino alla prima riaffiliazione (quindi già da settembre il problema si pone); in questo periodo, dette delibere si intendono “sospese” anche al fine di riorganizzare le attività sportive, prendere importanti decisioni sul futuro del sodalizio e modificare lo statuto in virtù delle decisioni adottate.
L’esclusione dello Yoga dalle discipline riconosciute ai fini sportivi dilettantistici provoca, fra gli altri effetti, alcune impossibilità:
a) mantenere l’iscrizione al registro CONI;
b) corrispondere compensi a istruttori, atleti, dirigenti, segretari, ecc., con le agevolazioni Irpef (esenzione fino € 7.500, ritenuta “secca” oltre tale soglia e fino a € 28.158,28) e l’esonero da contributi Inps e/o Enpals;
c) fruire delle agevolazioni fiscali consistenti nella detassazione delle iscrizioni ai vari corsi, che divengono interamente commerciali ai fini Iva e delle imposte sui Redditi (non le quote associative pagate una volta all’anno quando l’associato rinnova il proprio tesseramento);
d) continuare a mantenere lo “status” di ente no-profit quando i ricavi commerciali superano quelli istituzionali, caso che diverrà ricorrente poiché (come si è detto più sopra) le iscrizioni ai corsi saranno considerate interamente commerciali.
Il sodalizio si troverà a dover istituire scritture contabili regolamentari ai fini fiscali, rilasciare scontrino o ricevuta fiscale, redigere la dichiarazione Iva e Redditi e versare le imposte all’Erario, relativamente alle attività non più rientranti fra quelle agevolate.
Per le associazioni con comprovati requisiti di natura “assistenziale-sociale”, si potrà continuare a fruire di talune agevolazioni, ma va escluso che una scuola di Yoga si trovi improvvisamente dotata di requisiti assistenziali-sociali: se esistevano anche prima è un conto, se si tenta di dimostrare di averli solo per sfuggire alle nuove norme si rischiano pesanti contestazioni tributarie e previdenziali in caso di verifica, non escludendo neppure conseguenze giudiziarie derivanti dall’aver posto in essere comportamenti fraudolenti al fine di evadere le imposte.
Il personale giudizio sugli effetti delle delibere CONI in merito al trattamento lavoristico è che la problematica dell’inquadramento fiscale e previdenziale, cosa ben diversa dal mantenimento dell’iscrizione nel registro CONI (ancorché a questa collegata), insorge da subito senza attendere la prossima riaffiliazione, da cui la necessità di verificare senza indugio gli scenari e le soluzioni più praticabili per ogni singolo sodalizio.
Per approfondire la tematica è possibile fissare un appuntamento con il Rag. Simone Boschi, presso lo Studio di Firenze – Viale dei Mille 73 o presso lo Studio di Prato – Via G. Valentini 7. Numero telefonico unico: 055 573040 email: info@studioragboschi.com
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D. quante persone sono necessarie per costituire un’associazione sportiva dilettantistica?
R. Il Codice Civile non pone un limite minimo, anche se trattandosi di “associazione” fra persone è chiaro che un solo fondatore non è sufficiente. In linea generale, il numero minimo di associati è quello che può garantire una buona organizzazione interna fin da subito. Va evitato di nominare persone di comodo o parenti col solo scopo di dimostrare una pluralità di persone: occorre coinvolgere nel progetto associativo solamente persone interessate e motivate, che veramente operino nell’associazione.
Si possono generalmente verificare due casi.
Caso 1 – un numero esiguo di persone esprime la volontà di costituire un’associazione: esse redigono lo statuto, lo registrano, si attribuiscono le cariche principali (presidente, segretario, ecc.) e stabiliscono un termine entro cui dovranno fare proselitismo ed aumentare il numero degli associati. Se vi riescono, convocheranno l’assemblea per attribuire le cariche sociali definitive, altrimenti scioglieranno l’associazione registrando l’atto di scioglimento per impossibilità a conseguire l’oggetto istituzionale vista la mancanza di associati.
Caso 2 – un numero congruo di persone, già sufficiente per una prima suddivisione dei ruoli strategici e per poter garantire l’organizzazione delle attività istituzionali, decide di costituire un’associazione; viene redatto e registrato lo statuto e sono attribuite le cariche sociali; il sodalizio nasce e può fin da subito iniziare ad organizzare le proprie attività.
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D. E’ possibile somministrare bevande e cibo all’interno di un’ASD?
R. Ci sono norme nazionali e regionali che consentono di allestire un punto di ristoro all’interno dei circoli o degli impianti sportivi; si deve però fare sempre riferimento a quanto prevede il Comune, predisponendo e depositando (tramite sportello telematico SUAP) una complessa pratica documentale in conformità a quanto previsto dai regolamenti comunali, da cui derivi la dimostrazione che i locali hanno le caratteristiche minime di legge (soprattutto quelle igienico-sanitarie e quelle antirumore, ma anche quelle sulla sicurezza) e che la somministrazione sia sotto la responsabilità di soggetto con i requisiti HACCP per il trattamento, la manipolazione e la somministrazione di alimenti e bevande.
In ogni caso la somministrazione può avvenire ai soli soci (nel caso di punto di ristoro presso “circolo” quando affiliato ad Ente nazionale le cui finalità sociali siano riconosciute dal Ministero dell’Interno, come CSEN) o frequentatori (nel caso di punto di ristoro presso “impianto sportivo”, quando l’impianto abbia tutte le caratteristiche per potersi definire tale ai sensi della normativa della Federazione sportiva di appartenenza o di quella regionale della Toscana): trattasi di due casistiche diverse con previsioni e obblighi non sempre coincidenti.
In linea di massima, non si può accedere al punto di ristoro direttamente dalla pubblica via, non si può entrarvi liberamente (occorre un sistema che induca l’avventore ad esibire la tessera associativa), e i prezzi praticati non possono essere di particolare vantaggio per gli associati poiché ciò darebbe luogo ad una forma di “lucro indiretto” che la legge vieta.
Occorre consultare i regolamenti comunali per verificare i casi previsti dalle singole Amministrazioni per aprire un punto di ristoro, affidando l’incarico ad un professionista competente.
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D. E’ possibile adibire una stanza dell’ASD a laboratorio di gioielli privato di un socio, chiuso a chiave?
R. Le attività produttive private devono sottostare a regole e norme che normalmente confliggono con quelle previste per le associazioni (esempi: sicurezza luoghi di lavoro, vie di esodo, antincendio, antinfortunistica, caratteristiche dei locali, accessibilità agli stessi, ecc.); la stessa eterogeneità concettuale fra associazione e laboratorio privato di gioielli dovrebbe prudentemente sconsigliare qualunque commistione.
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D. Che tipo di destinazione (residenziale o commerciale) occorre prevedere nel contratto di locazione per la sede di una ASD? E’ possibile che la sede sia ospitata presso un’abitazione?
R. La locazione di un immobile deve essere sempre compatibile con la sua destinazione urbanistica. Generalmente si può stabilire la sede legale presso un’abitazione, anzi è un caso piuttosto ricorrente per le piccole associazioni. La sede legale è quella ufficiale che risulta dallo statuto, presso la quale l’associazione riceverà le notifiche, gli atti, le raccomandate; se vi si intende stabilire anche la sede delle attività istituzionali, occorre prima capire se ciò sia possibile (se non addirittura legittimo) consultando i regolamenti del Comune.
In linea di massima non pare possibile svolgere attività sportive presso un appartamento per civile abitazione, sia per la natura in sé dell’immobile, sia per la quiete condominale, sia perché esistono specifiche normative (es. la legge regionale toscana sulle caratteristiche degli impianti sportivi) che rendono l’abitazione inidonea ad ospitare corsi ed attività fisiche.
Tale criticità può presentarsi anche nella locazione di un qualunque fondo, in quanto se i locali non presentano i requisiti minimi di abitabilità assieme alle anzidette norme regionali sulle caratteristiche degli impianti sportivi della Toscana, difficilmente si può esercitare l’attività: anche in questo caso occorre consultare i regolamenti comunali che talvolta consentono la pratica sportiva in locali con una destinazione urbanistica non specifica.
La legge quadro sulla Promozione Sociale consente alle associazioni iscritte al relativo registro di svolgere la propria attività in unità di qualunque tipo, indipendentemente dalla destinazione urbanistica: ciò tuttavia non deve trarre in inganno poiché l’attività sportiva non ha di per sé caratteristiche “sociali” e va sempre svolta in locali idonei rispetto alle già citate normative regionali e ai regolamenti comunali ove esistenti.
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D. Società Sportiva Dilettantistica che al proprio interno ha un BAR (non ristorante) con gestione commerciale autonoma, che paga un canone in virtù di un contratto di affitto di ramo di azienda alla SSD: Chi può accedere al bar? Occorre la tessera societaria? Possono accedere anche avventori esterni non tesserati?
R. La conduzione commerciale di un bar, con contratto di affitto di ramo di azienda, presuppone che l’attività sia effettivamente 100% commerciale, da cui l’emissione di scontrino fiscale ad ogni consumazione.
Dal quesito sembra che il caso riguardi l’apertura di punto di ristoro presso un impianto sportivo (è cosa ben diversa dal bar interno ad un circolo), casistica prevista dal Codice del Commercio della Regione Toscana – in deroga alla regola generale di somministrazione al pubblico – che ammette la possibilità di somministrare ai frequentatori dell’impianto, ma non ad avventori esterni perché in tal caso la deroga regionale non opererebbe.
In pratica, tutti i frequentatori dell’impianto sportivo possono accedere al bar che si trova al suo interno e possono consumare; ne consegue che un avventore esterno non può accedere al bar se non è anche frequentatore della società sportiva. Si badi bene che è normalmente possibile frequentare una SSD anche sprovvisti di tessera, purché venga emesso scontrino o ricevuta fiscale: dunque, al bar potranno accedere anche i frequentatori del club non dotati di tessera. Per ragionevolezza interpretativa si considera possibile la consumazione al bar anche da parte degli accompagnatori dei frequentatori, come nel caso dei genitori che accompagnano i figli e attendono la fine della lezione sportiva.
Anche in questo caso è importante che l’apertura del punto di ristoro avvenga nel rispetto del regolamento comunale in ottemperanza alle norme nazionali e regionali in materia, ma anche a quelle riguardanti nello specifico le caratteristiche degli impianti sportivi.
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D. Come inquadrare in una A.S.D. il rapporto di prestazioni con soggetti che non svolgono attività sportiva ma sono figure di supporto come custodi e autisti?
R. Chi svolge mansioni “materiali” anche nell’ambito di discipline che restano riconosciute dal CONI, non può godere delle agevolazioni fiscali e previdenziali che invece la legge riserva ad atleti, istruttori, dirigenti e collaboratori amministrativi-gestionali.
Si ritiene tuttavia che se tali soggetti sono inquadrati come dirigenti, dunque facenti parte del consiglio direttivo del club o abbiano incarichi ufficiali riconosciuti dalla federazione, possano avere diritto ad un rimborso per tale incarico prescindendo dalle altre prestazioni effettuate, purché:
a) l’incarico di dirigente sia effettivo e dimostrabile e sia quello prevalente all’interno del club;
b) le altre mansioni (custode, autista, ecc.) vengano svolte spontaneamente e volontariamente, senza richiesta di compenso o rimborso ma quale mero aiuto che si vuol prestare al sodalizio. Semmai occorre prestare attenzione al fatto che le mansioni “materiali” possono obbligare il club ad aprire una posizione INAIL per eventuali infortuni al soggetto che presta tali servizi.
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D. L’utilizzo dell’avanzo di gestione deve essere deciso e deliberato dal consiglio direttivo all’inizio del nuovo anno? L’attività di somministrazione di alimenti e bevande fatta temporaneamente durante una manifestazione sportiva è soggetta alla regola dei circoli (tessera socio oppure scontrino fiscale)? Chi aderisce alla L. 398 può detrarre l’Iva sulle fatture di acquisto?
R. L’avanzo di gestione è la differenza fra i proventi e gli oneri di un esercizio e viene esposta in fondo al rendiconto di gestione redatto dal consiglio direttivo; il consiglio direttivo deve convocare l’assemblea degli associati, presentare il rendiconto e proporre la destinazione dell’avanzo di gestione; l’assemblea delibera se approvare la proposta del consiglio o suggerire un diverso impiego dell’avanzo di gestione.
La somministrazione temporanea in occasione di manifestazioni è materia che si trova nei regolamenti comunali (gli stessi che forniscono regole per fiere, sagre paesane, eventi e manifestazioni a vario titolo). In linea di massima, se la somministrazione temporanea è effettuata all’interno di un impianto sportivo, si può evitare di emettere lo scontrino fiscale richiamando le attività di “raccolta occasionale di fondi” ex articolo 143 del Dpr 917/86, da cui la possibilità di detassare le entrate relative. Ciò tuttavia non esula dalle norme igienico-sanitarie stabilite dal Comune per tali eventi, che appunto possono essere individuate consultando i regolamenti comunali.
L’adesione alla Legge 398/91 non consente la detrazione dell’Iva pagata ai fornitori, poiché il regime in questione è di natura “forfetaria” e fornisce già una detrazione pari al cinquanta per cento dell’Iva incassata per le prestazioni attive.
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D. quanto tempo occorre conservare i documenti dell’associazione?
R. Per le associazioni, il codice civile non dispone un termine di conservazione dei documenti, tuttavia regola generale (se non altro di buon senso) è che la contabilità debba essere mantenuta in archivio per almeno dieci anni, alla stregua di quanto avviene per l’imprenditore. Ciò anche al fine di potersi difendere nel caso di accertamento fiscale da cui emerga che l’associazione svolgeva attività commerciale e doveva dunque ottemperare agli obblighi previsti per l’impresa, fra cui la conservazione dei documenti.
Fra i vari documenti è buona norma conservare: le scritture contabili, la prima nota e i documenti in originale, le ricevute di spesa e le fatture fornitori, le ricevute dei compensi agli istruttori e atleti, i rendiconti sottoscritti dal Consiglio direttivo, i verbali assembleari e consiliari, le schede individuali degli associati con assieme la domanda di ammissione e i certificati di idoneità sanitaria (anche al fine di scongiurare che dopo alcuni anni l’ex associato ci chieda il risarcimento per un danno derivante da patologie insorte nel tempo ma imputate alla pratica sportiva svolta: il certificato di idoneità dimostra che al tempo l’associato poteva svolgere l’attività contestata).
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D. CINOFILIA: certificato medico e defibrillatore
R. Il sito di Csen Cinofilia è intervenuto nella specifica materia del certificato medico, pertanto ci permettiamo di riportarne il contenuto.
Il 10 Giugno 2016 il CONI ha emanato la tanto attesa circolare che regolamenta e definisce l’obbligatorietà della certificazione medica per gli atleti tesserati a Federazioni e Enti di Promozione Sportiva. Mentre per alcune discipline la circolare è chiara e fornisce indicazioni precise, per quanto riguarda la Cinofilia è indubbiamente contraddittoria. Il documento infatti elenca l’attività sportiva cinotecnica fra le attività “il cui impegno fisico sia evidentemente minimo” ma è evidente che nella realtà dei fatti non sia così.
Solo alcune delle discipline di cui CSEN Cinofilia si occupa possono rientrare nella definizione che il CONI fornisce nel proprio documento (Rally Obedience e Obedience), la maggior parte degli altri sport comportano infatti un notevole sforzo fisico da parte del conduttore tanto in gara in allenamento. Alla luce di queste considerazioni e allo scopo di continuare a tutelare le nostre ASD e i nostri atleti, il settore Cinofilia di CSEN decide di mantenere l’obbligatorietà, per tutti gli atleti coinvolti in qualsiasi attività organizzate sotto l’egida CSEN, di essere in possesso di valida certificazione medica non agonistica. Riteniamo infatti ingiusto e dannoso per l’attività del Settore delegare questa decisione, e la responsabilità che ne consegue, alle singole Società affiliate e per questo i nostri sistemi informatici continueranno a fornire alle ASD strumenti che aiutino al controllo dei certificati medici dei propri atleti.
Ci permettiamo di aggiungere che la normativa nazionale e quella regionale toscana impongono la certificazione medica per tutti i tesserati che svolgono attività presso un’ASD o SSD riconosciuta dal CONI. Nel caso della cinofilia non si ravvisano elementi per esonerare i proprietari dei cani dal certificato medico quando siano tesserati e le attività che essi svolgono rientrano fra quelle di cui parla l’articolo summenzionato di Csen Cinofilia.
In merito al defibrillatore, la regione Toscana ha emanato una propria legge molto specifica che interessa tutti gli impianti sportivi e tutti i luoghi di svolgimento di un’attività sportiva organizzata, andando a coprire le attività non regolamentate dalle singole federazioni e prevedendo la dotazione del defibrillatore (e la presenza di chi sia abilitato al suo utilizzo) anche nei casi di attività in movimento e anche durante gli allenamenti.
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