Dopo una lunga attesa, all’inizio del prossimo mese dovrebbero entrare in vigore nuove disposizioni per migliaia di addetti, associazioni e società dilettantistiche. Preoccupano tempi stretti e obblighi burocratici, soprattutto per le piccole realtà
Il mondo dello sport – salvo rinvii dell’ultimissima ora – si prepara alle novità che scatteranno dal 1° luglio con il Dlgs 36/2021 (eredità del Governo Draghi) e il nuovo decreto correttivo sulla riforma, esaminato a fine maggio, di cui si attende il parere delle Camere e il ritorno in Consiglio dei ministri per l’approvazione definitiva e la pubblicazione in Gazzetta (in caso contrario, a luglio entreranno in vigore le norme precedenti).
Una riforma attesa, che coinvolge migliaia di lavoratori, associazioni e società dilettantistiche. Gli ultimi dati, elaborati da Ptsclas per Il Sole 24 Ore, parlano di 875.697 fra dirigenti, tecnici e ufficiali di gara (per loro, la nuova norma prevede un rimborso mensile di 150 euro anche per le attività svolte nel Comune di residenza), 40.479 associazioni affiliate a Enti di promozione sportiva, 3.754 Discipline sportive associate, 16.535 società dilettanti di sport di squadra e 24.641 di sport individuali.
Nuova disciplina per eventi e lavoratori sportivi
La riforma delinea una nuova disciplina per enti sportivi dilettantistici e lavoratori sportivi. Per questi ultimi, lo stesso correttivo, a oggi ancora al vaglio, propone alcuni cambiamenti di rilievo, come l’esclusione dalla figura di lavoratore sportivo dei professionisti per cui è necessaria l’iscrizione all’albo, con la conseguenza che per loro, anche se svolgono attività per Asd o Ssd, non si applicano i regimi fiscali e previdenziali previsti dal Dlgs 36/2021. Con il correttivo, ove approvato, viene elevato da 18 a 24 ore il limite settimanale e in questi limiti si mantiene la presunzione di lavoro autonomo nella forma della collaborazione coordinata e continuativa.
Sempre con il decreto ancora al vaglio si abbassa a 14 anni l’età minima per l’apprendistato per l’istruzione secondaria sia nel professionismo sia nel dilettantismo. Per i dipendenti pubblici, che svolgono attività sportiva retribuita fuori dall’orario di lavoro, la proposta al vaglio è usare un meccanismo di silenzio assenso con il rilascio dell’autorizzazione. La riforma interviene anche nel mondo paralimpico, con la possibilità per gli atleti di partecipare ad allenamenti e competizioni con un permesso speciale retribuito e crea un osservatorio nazionale sul lavoro sportivo, presso il dipartimento dello Sport, di concerto con il ministero del Lavoro.
I nodi da sciogliere e la corsa per le scadenze
Ci sono ancora nodi da sciogliere e i tempi sono stretti. Da un lato, il lavoratore sportivo, rispetto al tradizionale inquadramento, dal 1° luglio verrà inquadrato nei nuovi schemi di lavoratore subordinato, autonomo o co.co.co.; dall’altro, la rincorsa alle scadenze, perché – ove il correttivo sia approvato – entro il 31 ottobre 2023 vanno effettuati gli adempimenti e i versamenti dei contributi previdenziali e assistenziali per le co.co.co. sportive, con il rischio, visto il poco tempo a disposizione, di incorrere in sanzioni. L’altra data importante che potrebbe scattare per gli enti, ove il correttivo sia approvato, è il 31 dicembre, quando gli enti sportivi devono adeguare gli statuti alla riforma, pena la cancellazione d’ufficio dal Registro.
«Le proposte sull’inquadramento del lavoro sportivo sono da considerarsi elementi in generale positivi», commenta Alberto Miglietta, executive vice president di Ptsclas ed ex Ad di Coni servizi/Sport e salute. «Ciò che preoccupa è la risposta delle società che, dopo gli anni difficili della pandemia e l’attuale situazione economica delle famiglie, si trovano in difficoltà nel mantenere la fruizione di servizi. Le associazioni sportive, le infrastrutture, il sistema sportivo alla base stanno già soffrendo: i nuovi oneri burocratici ed economici rischiano di essere un aggravio insostenibile».
Si pensi all’obbligatorietà delle comunicazioni di lavoro agli enti preposti o le modifiche statutarie richieste. «Oltre all’aggravio economico, preoccupa l’incidenza burocratica. Ricordiamoci – chiosa Miglietta – che il mondo dello sport di base è spesso gestito in modo non professionale, da volontari, con il rischio dell’abbandono delle attività da parte delle associazioni con la perdita di lavoro».
Da chiarire anche l’obbligo che dal 1° luglio scatta per gli enti sportivi di osservare un limite per lo svolgimento di attività secondarie e strumentali. Il limite, però, non è ancora stato individuato con il decreto, perciò preoccupa la proposta di correttivo che prevede la cancellazione dell’ente dal Registro in caso di mancato rispetto del limite per due esercizi consecutivi.
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